Fermare il ciclo della rabbia

figli schiaffo
C’era un bambino […] di undici anni […]. Aveva un problema con suo padre: ogni volta che sbagliava oppure cadeva e si faceva male, suo padre invece di aiutarlo lo sgridava e lo insultava: «Stupido ragazzino! È mai possibile che ti fai sempre male?». Il bambino, per questo, non riusciva a considerarlo un padre amorevole, un buon padre e si riprometteva, una volta cresciuto e sposato, di non trattare così i suoi figli. Se il suo bambino, giocando, si fosse fatto un livido o un’escoriazione, lui non lo avrebbe sgridato: lo avrebbe abbracciato e avrebbe cercato di aiutarlo. […] Un giorno la sorella giocava con altre bambine sull’amaca quando all’improvviso cadde, sbatté la testa su un sasso e cominciò a perdere sangue dalla fronte. Il ragazzo si sentì subito crescere dentro l’energia della rabbia; stava per gridare a sua sorella: “Stupida ragazzina! Possibile che ti fai male in questo modo?”ABITUDINI AAA, stava per comportarsi come suo padre con lui. […] Invece di mettersi a gridare contro la sorella, lasciò che altri si prendessero cura di lei e cominciò a praticare la meditazione camminata e il respiro consapevole “imparata l’anno precedente”. Nel giro di cinque minuti […] capì che la sua reazione, la sua rabbia era un’abitudine che gli aveva trasmesso il padre. Lui non aveva nessuna intenzione di trattare sua sorella in quel modo, ma l’energia trasmessagli dal padre era tanto forte da portarlo sul punto di fare con lei quasi esattamente quello che suo padre faceva con lui. Per un bambino di dodici anni, questa è una specie di illuminazione! Continuò a camminare e all’improvviso si sentì pieno di voglia di praticare per trasformare quell’abitudine, per non rischiare in futuro di trasmetterla ai suoi figli. Sapeva che solo la pratica della presenza mentale poteva aiutarlo a interrompere questo ciclo di sofferenza. Il ragazzino riuscì anche a capire che il padre, a sua volta, era una vittima decorsa a staffetta Pietro Mennealla trasmissione ereditaria della rabbia: forse anche lui non voleva trattare così il figlio, ma lo faceva perché aveva in sé una forza dell’abitudine troppo grande. Nel momento in cui il giovane ebbe questa intuizione profonda, che anche il padre era vittima dell’ereditarietà, tutta la rabbia che provava per lui svanì. Pochi minuti dopo gli venne il desiderio improvviso di andare a casa e di invitare suo padre a praticare “la meditazione” insieme a lui. Una grande realizzazione, per un ragazzino di dodici anni!
 
Questa storia è raccontata nel libro – Spegni il fuoco della rabbia di Thích Nhất Hạnh monaco buddhista, poeta e attivista vietnamita per la pace.
 
Descrive elegantemente ciò che capita tra genitori e figli e nelle diverse generazioni. Sottollavorare duro2inea che spesso si hanno delle intuizioni e dei desideri. I miei genitori si sono comportati male, con me, in questo contesto. Oppure non voglio fare gli stesArchimede1si errori che i miei genitori hanno fatto con me.
 
L’intuizione è un punto di partenza ma non un traguardo statico. Se questa intuizione non viene coltivata rimane fine a sè stessa.
Ci vuole impegno e dedizione per perseguire la felicità. Consapevolezza e responsabilità per lasciar andare ciò che ci fa soffrire.
 
Maria Giuseppina Biddau